Controlli conto corrente. Presunzioni superate solo con prova analitica
È da ritenersi legittima l’azione accertatrice dell’Agenzia delle Entrate ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 se il contribuente non è nelle condizioni di poter giustificare i prelievi e i versamenti oggetto di controllo.
Questo il principio che è stato espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16850 del 19 giugno 2024.
“In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Sez. 5, Sentenza n. 13112 del 30/06/2020)”.
Ciò in linea con la sentenza della Corte cost. n. 10/2023, che ha operato un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre opporre la prova presuntiva contraria, eccependo una incidenza percentuale forfetaria di costi di produzione, che vanno quindi detratti dall’ammontare dei maggiori ricavi presunti (Cass. sez. 5, ordinanza 3 luglio 2023, n. 18653), nella specie, il motivo, pur prospettando una violazione degli artt. 32 e 39 cit., in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR, con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, ritenuto che “a fronte delle specifiche contestazioni fornite dall’Ufficio… la parte, da un canto, non aveva prodotto alcuna documentazione relativa ai conti tenuti presso la Banca della Campania; dall’altro, quanto agli altri conti, non risultava operata alcuna riconciliazione cosicché non risultava provata l’irrilevanza reddituale”.
Va, al riguardo, ribadito l’orientamento secondo cui “È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (Cass., sez. 6-3, ordinanza 4 aprile 2017, n. 8758; Cass. Sez. 5, ordinanza 13 luglio 2018, n. 18721; Cass., sez. 5, 26 novembre 2020, n. 26961).
Nel caso specifico, la parte ricorrente in giudizio: non aveva prodotto alcuna documentazione relativa ad alcuni conti tenuti presso la Banca della Campania; dall’altro, quanto agli altri conti, non risultava operata alcuna riconciliazione cosicché non risultava provata l’irrilevanza reddituale.