Contributi a fondo perduto: indennità di maternità
L’art. 1, comma 1, del decreto “Sostegni” (D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito con modifiche dalla Legge 21 maggio 2021, n. 69) prevede il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita Iva, residenti o stabiliti in Italia, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario, nella misura e alle condizioni stabilite dalla norma. La disciplina è contenuta anche nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 23 marzo 2021, n. 77923/2021.
Ora, con la Risposta all’istanza di interpello 11 novembre 2021, n. 777, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’indennità di maternità non può essere inclusa nella nozione di fatturato di cui al quarto comma del richiamato art. 1 del decreto “Sostegni”, e neppure tra i ricavi da considerare ai fini dell’accesso al contributo, neppure nel caso in cui tali somme fossero state volontariamente fatturate.
L’Agenzia delle Entrate aveva già avuto modo di chiarire che l’indennità di maternità non costituisce ricavo o compenso (Circolari 14 maggio 2021, n. 5/E, punto 3.5, e 30 maggio 2012, n. 17/E).
Si ricorda che lo scorso mese di agosto si era svolto presso la Commissione Finanze della Camera l’esame dell’interrogazione parlamentare n. 5-05927, sul riconoscimento dei contributi a fondo perduto previsti dal decreto “Sostegni” in caso di percezione nel 2019 di indennità per la maternità obbligatoria da parte di lavoratrici titolari di partita Iva. In particolare:
- per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 335/1995, l’indennità del congedo di maternità e di paternità viene calcolata in riferimento ai 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo indennizzato; per chi ha chiesto tale indennità negli ultimi mesi del 2020 o nel 2021 – si legge nell’interrogazione – “tale indennità corrisponde ad una cifra irrisoria o addirittura è nulla, in quanto è calcolata sulla base di un fatturato molto basso o pari a zero, drasticamente ridotto dalla pandemia. Ne risulta una grave discriminazione per tutti i lavoratori e le lavoratrici, già particolarmente colpiti dalla crisi economica causata dalla pandemia a cui viene inoltre negato un diritto quale è l’indennità di maternità e paternità”;
- inoltre, le lavoratrici titolari di partita Iva che nel 2019 hanno ricevuto l’indennità per la maternità obbligatoria ex art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “rischiano di fatto di essere escluse dalla categoria dei beneficiari del contributo a fondo perduto” previsto dall’art. 1 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (decreto “Sostegni”): ai sensi del quarto comma del medesimo art. 1, infatti, il suddetto contributo è riconosciuto solo a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2019. Tuttavia – sottolinea l’interrogazione – “il periodo di maternità non viene preso in considerazione ai fini del calcolo del fatturato, non essendo legato ad un documento contabile emesso a seguito di una prestazione effettuata, ma ad una indennità”;
- ne deriva che “il fatturato del 2019 risulta di molto ridotto a causa dell’esclusione del periodo di maternità obbligatoria, rendendo impossibile dimostrare una perdita del 30 per cento che invece risulterebbe qualora avessero lavorato, e dunque fatturato, nei 5 mesi di maternità”;
- “tali circostanze oltre ad escludere ingiustamente una fetta di lavoratrici alle quali non è riconosciuto il contributo a fondo perduto, costituisce anche una forte discriminazione di genere, in quanto le stesse non ricorrono per i padri lavoratori per cui è previsto un periodo di congedo obbligatorio di 10 giorni”;
- nel contesto descritto, si chiede al Governo “quali iniziative si intendano adottare per evitare che i lavoratori e le lavoratrici che hanno deciso di avere figli vengano ulteriormente danneggiati, in quanto, oltre a pagare le conseguenze economiche della crisi pandemica, si vedono negare un diritto o sono esclusi da un sostegno economico per il solo fatto di essere diventati genitori”.