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Conti correnti e conti deposito vincolati

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Potrebbe essere di difficile gestione la liquidazione dell’Ivafe per le persone fisiche nel quadro RW del modello Redditi, ciò per effetto della difficile distinzione tra conti correnti/libretti di risparmio e conti deposito/certificati di deposito.

Partiamo dall’assunto in base al quale l’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15.000 euro (art. 2 della Legge n. 186/2014; resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro RW laddove sia dovuta l’Ivafe.

Sull’Ivafe, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero l’imposta è stabilita nella misura fissa di 34,20 euro per ciascun conto corrente o libretto di risparmio detenuti all’estero. L’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti non è superiore a 5.000 euro.

Per la detenzione dei conti deposito e dei certificati di deposito è corrisposta in misura proporzionale e pari al 2 per mille (sempre, anche se il saldo medio è inferiore a 5.000 euro).

Da qui, nella circolare n. 15/2013, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di spiegare la distinzione tra i due “asset” (conto corrente/libretto di risparmio e conti di deposito).

Il rapporto di conto corrente, ai sensi dell’art. 1852 e ss. del codice civile, si caratterizza per lo svolgimento di un ‘servizio di cassa’ da parte dell’intermediario che si obbliga a compiere operazioni di incasso e pagamenti su istruzione e nell’interesse del cliente (correntista). Chi intende aprire un conto corrente, quindi, non si propone di realizzare un investimento e può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza di un termine di preavviso eventualmente pattuito.

Da qui, l’applicazione dell’Ivafe nella misura fissa di 34,20 euro.

Con riferimento alla nozione di deposito, la Banca d’Italia, con nota prot. n. 0215567/13 del 1° marzo 2013, ha chiarito che nella ‘prassi bancaria’ la nozione di deposito comprende:

  1. i depositi che costituiscono la provvista di un conto corrente;
  2. i depositi con funzione diversa da quella del punto precedente. Potrebbero ricadere in questa fattispecie non solo i contratti giuridicamente distinti dal conto corrente (certificati di deposito, depositi alimentati attraverso un conto corrente ‘di appoggio’, ecc.) ma anche i depositi in conto corrente la cui funzione principale non sia quella di fornire una provvista al conto (giacenze vincolate).

In tali ipotesi, punto b), scatta l’imposta in misura proporzionale del 2 per mille, art. 13, comma 2-bis, della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 642/1972.

Dunque, per le giacenze che risultano ‘vincolate’, ovvero per le quali il cliente perde la libera disponibilità, si paga l’imposta proporzionale con probabile azzeramento o riduzione dei rendimenti dell’investimento.

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