Comunione legale anche per le unioni civili
A seguito dell’entrata in vigore della “legge Cirinnà” (Legge 20 maggio 2016, n. 76, nota anche come legge sulle unioni civili), può accedere al regime di comunione legale anche chi non è coniugato né civilmente unito (cioè celibe o nubile): lo ha precisato il Consiglio nazionale del Notariato con lo Studio n. 196-2017/C, approvato il 24 gennaio 2018.
Nel documento si sottolinea inoltre quanto segue:
- la legge citata “è molto selettiva nei requisiti di ammissione alla nuova disciplina”, escludendo tra l’altro i minorenni, le persone prive della libertà di stato, coloro che con il partner hanno rapporti in qualsiasi grado di parentela o affinità;
- la comunione dei beni è accessibile solo a quelle coppie “di fatto” che, sulla base dei requisiti legali, abbiano:
- registrato la loro convivenza, assoggettandola alla legge speciale;
- stipulato un contratto di convivenza sulla base delle nuove norme;
- optato espressamente per la comunione dei beni;
- realizzato la pubblicità dichiarativa prevista dalla legge;
- la pubblicità presso l’anagrafe si realizza attraverso il certificato di stato di famiglia, nel quale saranno indicate l’eventuale registrazione della convivenza, l’eventuale contratto di convivenza e l’eventuale adozione del regime di comunione legale (anche se la prassi degli uffici “omette la terza indicazione, limitandosi alle prime due”).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Notariato auspica che la Pubblica Amministrazione “riveda la propria posizione”. In caso contrario – avverte lo studio in esame – “sul piano delle conseguenze, la teoria della pubblicità porta a conclusioni molto nette”.
Ammesso infatti che la pubblicità della Legge n. 76/2016 possa essere limitata all’atto (anziché ai suoi effetti) la “scienza legale” è realizzata (e con essa la pubblicità stessa e l’opponibilità ai terzi) solo se il contratto di convivenza indicato dal certificato anagrafico sia concretamente rintracciabile da chiunque secondo i meccanismi propri dell’ordinamento.
Cosa che accade se esso è stipulato per atto di notaio e conservato a raccolta; in tutti gli altri casi (atto rilasciato, atto redatto dall’avvocato), invece, la conoscibilità non viene realizzata.