Compensi incassati dagli eredi: riapertura partita IVA ed emissione fattura
Gli eredi di un professionista che ricevono un compenso spettante al de cuius per prestazioni rese nei confronti di una società fallita, devono provvedere alla riapertura della partita IVA nel frattempo cessata al fine di assolvere gli obblighi fiscali connessi al pagamento, compresa la fatturazione della prestazione e il successivo riversamento dell’IVA all’erario.
L’emissione del “tipo documento” TD29 ossia la segnalazione dell’omissione all’Agenzia delle Entrate, ex art. 6, comma 8, del D.Lgs. n. 471/1997, sarà possibile solo in ipotesi di inadempienza da parte degli eredi.
L’Agenzia delle Entrate si è espressa in tal senso con la risposta n. 118/2025.
La situazione analizzata era la seguente.
L’istante ha fatto presente che nel mese di dicembre 2024 ha percepito, in qualità di erede e in quota parte, un compenso professionale, al netto della corrispondente IVA, spettante al de cuius per le prestazioni professionali dallo stesso rese nei confronti della società [BETA], nel frattempo fallita.
Al riguardo, l’istante, nell’evidenziare che la partita IVA del padre “era già stata chiusa in vita dallo stesso professionista”, riferisce che:
- il curatore fallimentare, a mezzo PEC del 2 novembre 2024, nel preannunciare la liquidazione del compenso, aveva precisato che la corresponsione di tali somme sarebbe stata documentata, ai fini IVA, mediante l’emissione di un’autofattura da parte della curatela fallimentare, che, trattenendo l’importo dell’IVA, avrebbe poi provveduto a versarla direttamente all’Erario;
- con una successiva PEC del 13 gennaio 2025, il curatore fallimentare ha comunicato che, a seguito della recente revisione dell’art. 6, comma 8, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, non gli era più consentito procedere all’emissione dell’autofattura, chiedendo, pertanto, all’istante di emettere “mediante avvio di una posizione fiscale”, fattura nei confronti della società fallita, e che, solo al ricevimento della fattura, la curatela fallimentare avrebbe corrisposto l’importo dell’IVA precedentemente trattenuta.
Su tale ultimo punto, il citato art. 6, comma 8 come riformulato ad opera dell’art. 2, comma 1, lettera d), n. 7, del D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 ad oggi prevede che, il cessionario/committente, in caso di omessa od irregolare fatturazione da parte del cedente/prestatore, per evitare l’applicazione della sanzione ivi prevista:
- non deve più emettere autofattura (o regolarizzare la fattura ricevuta) e versare l’imposta (o la maggiore imposta) all’erario,
- ma deve solo comunicare l’irregolarità all’Agenzia delle Entrate, entro novanta giorni dal momento in cui avrebbe dovuto essere emessa la fattura regolare.
A tal fine è stato istituito il codice TD29, utilizzabile nel sistema di interscambio (SDI) a decorrere dal 1° aprile 2025 per la suddetta segnalazione di irregolarità. Si veda la versione 1.9 delle Specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, pubblicata il 31 gennaio 2025.
Da qui:
- il curatore non potrà emettere autofattura,
- il compenso andrà corrisposto all’istante(erede) al lordo dell’imposta e sarà onere del medesimo chiedere la riapertura della partita IVA del de cuius al fine di assolvere gli obblighi fiscali connessi al pagamento.
Solo laddove l’erede rimanga inerte, la controparte dovrà effettuare la comunicazione di rito disposta dall’art. 6 comma 8, del D.Lgs. n. 471/1997, al fine di non incorrere nella sanzione ivi prevista (sanzione del 70% dell’imposta-minimo 250 euro).
Va da sé che, in tale evenienza, l’Amministrazione finanziaria ha il potere di agire nei confronti dell’erede per recuperare l’imposta dovuta, le sanzioni e gli interessi.