Cassazione: la società in liquidazione prolungata si presume di comodo
Se la liquidazione si protrae per anni, la società si presume “non operativa” qualora il contribuente non sia in grado di dimostrare la presenza di situazioni oggettive, indipendenti dalla sua volontà, che non hanno permesso di conseguire i ricavi minimi previsti ai fini della disciplina in argomento. Questo l’importante chiarimento fornito dalla Cassazione con l’ordinanza 13336 del 16 maggio 2023 .
L’oggetto del contendere riguardava un avviso di accertamento emesso, ai sensi dell’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/1973, nei confronti di una S.r.l. in liquidazione da oltre 10 anni, e ritenuta dall’Agenzia delle Entrate come “non operativa” ex art. 30 della legge n. 724/1994.
Con la sentenza in commento, i Giudici di Piazza Cavour cassano la pronuncia della Ctr che, del pari del giudice della Commissione tributaria provinciale aveva dato ragione al contribuente ritenendo che lo stato di liquidazione della società fosse di per sé idoneo a superare la presunzione relativa di non operatività, senza però considerare che:
- lo stesso si protraeva da lungo tempo,
- l’obsolescenza degli impianti fosse conseguente, comunque, a scelte della società, che non era stata in grado di definire i rapporti pendenti in un così ampio intervallo.
Corretto quindi l’inquadramento come “di comodo” per la società in liquidazione, mentre l’eventuale prova contraria deve risolversi necessariamente nella dimostrazione di “situazioni oggettive di carattere straordinario”, “indipendenti dalla volontà del contribuente”, che rendano “impossibile conseguire il reddito presunto avuto riguardo alle effettive condizioni del mercato”.
Solo in questi termini, infatti, è possibile desumere “l’erroneità dell’esito quantitativo del test di operatività, ovvero la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale e, dunque, l’operatività reale della società” (cfr. Cassazione, ord.n. 6459/2023).