Appalti pubblici, le Sezioni Unite confermano i confini di competenza tra giudice ordinario e amministrativo
In materia di appalti pubblici, presso la giurisprudenza di legittimità si è consolidato un orientamento secondo cui sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di affidamento dell’appalto, mentre quelle aventi ad oggetto la fase di esecuzione del contratto spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti ed obblighi (in tal senso si segnalano le pronunce della Corte di Cassazione 31 gennaio 2017, n. 2482, 3 maggio 2013, n. 10301 e 6 settembre 2010, n. 19049).
Tra queste controversie devono essere annoverate quelle aventi ad oggetto la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a causa dell’inadempimento dell’appaltatore: anch’esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell’appaltatore alla prosecuzione del rapporto (in materia si rinvia anche alle pronunce di legittimità 3 maggio 2017, n. 10705, 12 maggio 2006, n. 10994 e 18 ottobre 2005, n. 20116).
Tale principio è stato ora confermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con l’ordinanza 9 ottobre 2018, n. 489 , depositata lo scorso 10 gennaio.
Nell’occasione gli Ermellini hanno ribadito che le considerazioni che precedono restano valide anche qualora, nell’ambito del medesimo giudizio, siano stati proposti dei motivi aggiunti finalizzati all’impugnazione dei provvedimenti attraverso i quali l’Amministrazione ha proceduto – successivamente alla risoluzione del contratto – all’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione.