Agevolazioni tributarie, onere della prova in capo al contribuente
Secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in materia di agevolazioni tributarie, chi vuol fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, in caso di contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta dell’esenzione o della agevolazione.
In tal senso si richiama Cass. 4 ottobre 2017, n. 23228, la quale ha cassato la sentenza di merito che aveva onerato l’Agenzia delle Entrate di provare il mancato rispetto delle regole normative di “democrazia interna” prescritte per il regime fiscale agevolato delle associazioni sportive dilettantistiche.
A conclusioni analoghe è approdata anche Cass. 4 ottobre 2017, n. 23167, secondo cui “In tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro – come si evince dall’art. 111, comma 2, del D.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo applicabile “ratione temporis”) – svolgere attività a carattere commerciale; il citato art. 111, comma 1 – in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo – costituisce, d’altro canto, deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo D.P.R., secondo cui l’IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche, con la conseguenza che l’onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c.”.
I principi che precedono sono stati ora ribaditi dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con la sentenza 11 dicembre 2018, n. 20332, depositata lo scorso 26 luglio.