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Fallimenti: termine riassunzione o prosecuzione processo

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In caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’art. 43, comma 3, della legge fallimentare, il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di tutte le parti. Tale dichiarazione, se non sia già conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, del codice di procedura civile, dev’essere:

  1. notificata direttamente alle parti o al curatore a cura di ogni altro interessato; oppure
  2. comunicata anche dall’ufficio giudiziario.

Il giudice può inoltre pronunciarla d’ufficio qualora gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento. È quanto affermato dalle Sezioni Unite civili con la sentenza 27 aprile 2021, n. 12154, intervenuta per risolvere una questione in merito alla quale si erano formati differenti orientamenti presso la stessa giurisprudenza di legittimità.

Al riguardo si ricorda quanto segue:

  1. ai sensi del richiamato art. 43, comma 3, della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), l’apertura del fallimento determina l’interruzione dei processi relativi a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento;
  2. tale disposizione comporta un effetto interruttivo automatico del giudizio pendente in caso di fallimento di una parte, nel senso che l’interruzione non dipende più dalla dichiarazione resa in giudizio dal difensore ma dalla conoscenza comunque acquisita dal giudice in quel giudizio;
  3. la disciplina in esame, in caso di mancata costituzione del curatore fallimentare per la prosecuzione del giudizio, non fa venir meno la necessità che l’interruzione sia comunque dichiarata nel corso del giudizio, al fine di consentire la riassunzione nei confronti del fallimento (Consiglio di Stato, 23 marzo 2020, n. 2011);
  4. per la giurisprudenza di legittimità, inoltre, la norma citata dev’essere interpretata nel senso che, intervenuto il fallimento, l’interruzione è sottratta all’ordinario regime dettato in materia dall’art. 300 del codice di procedura civile; essa deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dall’evento, ma la parte non fallita non è tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l’interruzione sia stata o meno dichiarata (Cass. 1° marzo 2017, n. 5288).

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