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Omessa presentazione della dichiarazione, in caso di accertamento induttivo onere della prova in capo al contribuente

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In tema di accertamento induttivo basato sull’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, grava sul contribuente che assuma di averla regolarmente spedita all’Ufficio l’onere di produrre in giudizio la copia del modello sottoscritto, corredato della prova del suo inoltro o quantomeno di esibire la ricevuta di cui all’art. 12 del D.P.R. 600/73.

Solo in questo caso è trasferito sull’Amministrazione l’onere di provare il contrario: lo ha precisato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1876, riportata nella Rassegna mensile della giurisprudenza civile della Suprema Corte, riferita a gennaio 2021.

Si ricorda che, con l’ordinanza 4 luglio 2019, n. 17980, i giudici di legittimità ribadirono due importanti principi:

  1. la questione relativa all’inesistenza dell’avviso di accertamento, perché sottoscritto da un funzionario illegittimo, non può essere prospettata per la prima volta in sede di appello ma, per la particolare natura del processo tributario, deve trovare ingresso solo con l’originario ricorso (Cass. 13 aprile 2017, n. 9602);
  2. in caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita gli Uffici finanziari a servirsi di qualunque elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con il metodo induttivo (Cass. 30 marzo 2012, n. 5228, 22 gennaio 2014, n. 124024 febbraio 2017, n. 478522 marzo 2017, n. 7258, 16 maggio 2018, n. 12026, e 15 novembre 2018, n. 29479).

In linea generale si ricorda che il discrimine tra l’accertamento analitico extracontabile e quello induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. In particolare:

  1. nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, essendo legittimato l’Ufficio accertatore solo a completare le lacune riscontrate. In tale contesto, al fine di dimostrare l’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, il Fisco può utilizzare anche presunzioni semplici rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 del codice civile;
  2. nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ai sensi degli articoli 2727 e 2729 del codice civile (in tal senso si richiama la pronuncia della Corte di Cassazione 24 luglio 2013, n. 17952).

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