Illegittima la norma che preveda la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime
Nell’ambito della disciplina relativa alle aree demaniali marittime, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, tale da determinare un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, se previsto dalla legislazione regionale comporta:
- l’invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
- il contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione.
Tali principi si estendono anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, le quali hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali; la spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione: lo ha sottolineato la quarta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 3 dicembre 2020, n. 1416 , depositata lo scorso 16 febbraio (e riportata sul sito della Giustizia Amministrativa).
Nell’occasione, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che in tal senso si è espressa la Corte di Giustizia Ue, la quale ha affermato che “l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE (38) osta a una misura nazionale che preveda l’automatica proroga del titolo concessorio, in assenza di qualsiasi procedura selettiva di valutazione degli operatori economici offerenti” (sentenza 14 luglio 2016).