Tarsu, la Cassazione conferma la possibilità per i Comuni di attingere ai dati dell’Agenzia delle Entrate
Ai sensi dell’art. 70, comma 3, del D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507 – come integrato dall’art. 1, comma 340, della Legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria 2005) – dal 1° gennaio 2005 i contribuenti sono tenuti a dichiarare ai fini Tarsu una superficie non inferiore all’80 per cento della superficie catastale con riguardo a tutti gli immobili censiti nel catasto edilizio urbano. Di conseguenza, i Comuni hanno piena facoltà – in sede di attività di accertamento con riguardo agli immobili che sono stati già oggetto di una precedente denuncia – di attingere ai dati dell’Agenzia delle Entrate per la determinazione delle superfici tassabili e, in caso di denuncia di una misura inferiore alla citata percentuale (ma altrettanto, a maggior ragione, in caso di omessa denuncia e di constatazione d’ufficio di una misura maggiore della predetta percentuale), di modificare d’ufficio la superficie stessa, dandone comunicazione agli interessati. Ovviamente, se la superficie da dichiarare è maggiore, la tassa dovrà essere assolta su quest’ultima.
Tali principi sono stati ora confermati dalla quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 22 ottobre 2020, n. 29910, depositata lo scorso 30 dicembre.