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Detrazione dell’Iva “salva” se l’operazione è stata effettivamente eseguita

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Il diritto alla detrazione dell’Iva è subordinato all’esistenza di un’operazione effettivamente eseguita, con la conseguenza che lo stesso diritto non esiste qualora l’intera operazione commerciale non sia venuta in essere, a nulla rilevando che sia stata realizzata una parte di essa, oppure in ogni caso che sia stato eseguito il suo pagamento. Spetta al contribuente, il quale invochi il diritto alla detrazione dell’Iva corrispondente, fornire adeguate prove dell’attendibilità della documentazione fiscale utilizzata e dei dati indicati in fattura, e non grava invece sull’ente impositore il compito di fornire la prova certa della falsità della documentazione utilizzata: lo ha precisato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 19 novembre 2020, n. 26340.

Al riguardo si precisa inoltre quanto segue:

  1. il fallimento della società che ha effettuato la fatturazione, la mancanza presso la stessa di una struttura aziendale idonea a giustificare le prestazioni eseguite, l’indicazione di redditi pari a zero, l’assenza di contratti, nonché l’assenza di dettagli tecnici nelle fatture, sono tutti elementi idonei a ritenere inesistenti determinate operazioni (Cass. 13 dicembre 2019, n. 16649);
  2. qualora l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno o siano intercorse tra soggetti che non siano le genuine controparti, e quindi contesti l’indebita detrazione dell’Iva e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata. Secondo la giurisprudenza di legittimità, per il Fisco è sufficiente provare ad esempio la mancanza di sede, la mancanza di iscrizione o l’omesso versamento delle imposte da parte della società emittente la fattura. A quel punto, passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 6 aprile 2020, n. 7693 );
  3. per gli Ermellini, inoltre, con riferimento al tema delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, sorge l’esigenza di tutelare della buona fede del contribuente, anche in applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C- 439/04 e C- 440/04, 21 giugno 2012, Mahagè ben e David, C- 80/11 e C- 142/11, 6 settembre 2012, Toth, C324/11, 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, e 31 gennaio 2013, Stroy Trans, C642/11).

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