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Dubbi della Cassazione sui termini di riassunzione in caso di fallimento della parte costituita

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Con l’ordinanza interlocutoria 8 settembre 2020, n. 21961, depositata lo scorso 12 ottobre, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite una questione relativa alla decorrenza del termine per la riassunzione in presenza di dichiarazione di fallimento della parte costituita. In particolare, la Suprema Corte chiede se nella situazione indicata, che determina l’automatica interruzione del processo ai sensi dell’art. 43 della legge fallimentare, il termine per la riassunzione decorra:

  1. sempre dalla sola relativa dichiarazione che sia stata resa dal giudice;
  2. dalla “conoscenza legale” dell’evento interruttivo in capo al difensore – purché si tratti della stessa persona – che assiste la parte non fallita anche in altri giudizi;
  3. pure dal momento del deposito di una domanda di insinuazione al passivo, su iniziativa della medesima parte non fallita, ancorché assistita da altro difensore.

Nell’occasione, i giudici di legittimità rilevano che “la materia che interessa si presenta costellata da posizioni non coerenti che concorrono a rendere priva di uniformità la giurisprudenza espressa dalla Corte”. Ai sensi dell’art. 43, comma 3, della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), l’apertura del fallimento determina l’interruzione dei processi relativi a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento.

Con la sentenza 23 marzo 2020, n. 2011, la seconda sezione del Consiglio di Stato aveva precisato che:

  1. tale disposizione comporta un effetto interruttivo automatico del giudizio pendente in caso di fallimento di una parte, nel senso che l’interruzione non dipende più dalla dichiarazione resa in giudizio dal difensore ma dalla conoscenza comunque acquisita dal giudice in quel giudizio;
  2. la disciplina in esame, in caso di mancata costituzione del curatore fallimentare per la prosecuzione del giudizio, non fa venir meno la necessità che l’interruzione sia comunque dichiarata nel corso del giudizio, al fine di consentire la riassunzione nei confronti del fallimento.

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