Non sempre ammessa la motivazione per relationem della pronuncia della Commissione tributaria regionale
Nell’ambito del processo tributario, la motivazione per relationem determina la nullità della sentenza di appello solo ove consti di una generica condivisione della ricostruzione in fatto delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse alla luce dei motivi di gravame: lo ha ribadito la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 26 novembre 2019, n. 19654, depositata lo scorso 21 settembre.
Tale principio consolida un orientamento diffuso presso la giurisprudenza di legittimità (Cass. 25 ottobre 2018, n. 27112, 14 ottobre 2015, n. 20648, e 4 giugno 2008, n. 14814). Per la Suprema Corte, inoltre:
- il mancato esame da parte del giudice di una questione processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia che si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande o eccezioni di merito (Cass. nn. 28694/2019, 321/2016 e 22952/2015);
- la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione – e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione per relationem – qualora si limiti a riprodurre la decisione confermata, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi (in tal senso si segnalano ad esempio le pronunce della Corte di cassazione 20 aprile 2005, n. 6221, 21 novembre 2012, n. 49754, e 9 febbraio 2018, n. 6216).
In questo caso, quindi, l’omissione motivazionale finisce col viziare sul punto la sentenza impugnata e ne impone l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio.