La perizia prodotta dal contribuente dimostra che la motivazione dell’avviso di accertamento non è carente
La produzione da parte del contribuente, nella proposizione del ricorso in Commissione tributaria, di una perizia giurata di parte finalizzata a dimostrare la congruità dell’importo che per l’Amministrazione fiscale è invece incongruo, dimostra che l’avviso di accertamento non è carente sotto il profilo della motivazione: lo ha precisato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 9 aprile 2019, n. 15508, depositata lo scorso 21 luglio.
Nell’occasione, i giudici di legittimità richiamano il principio affermato da Cass. 21 novembre 2018, n. 30039, secondo cui l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel petitum e nella causa petendi, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa (in tal senso anche Cass. 26 marzo 2014, n. 7056).
Si ricorda inoltre che, per la giurisprudenza di legittimità:
- ai fini dell’ammissibilità della motivazione per relationem è sufficiente il rinvio dell’avviso di accertamento al pvc notificato al contribuente (Cass. 26 febbraio 2020, n. 5165);
- l’avviso di accertamento, persino nell’ipotesi di doppia motivazione per relationem, è legittimo ove il processo verbale di constatazione richiamato nello stesso faccia a propria volta riferimento a documenti in possesso o comunque conosciuti o agevolmente conoscibili dal contribuente (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32127);
- la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso ne ha condiviso le conclusioni ed ha così inteso realizzare un’economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. 20 dicembre 2018, n. 32957, e 20 dicembre 2017, n. 30560).