Onere di impugnazione specifica assolto se in appello l’Ufficio ripropone le stesse ragioni
Posto che l’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si pone come norma speciale rispetto all’art. 342 del codice di procedura civile, qualora l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenere assolto l’onere di impugnazione specifica previsto dal richiamato art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 22 novembre 2019, n. 608, depositata lo scorso 15 gennaio (in linea con Cass. 29 febbraio 2012, n. 3064, 28 febbraio 2011, n. 4784, 30 dicembre 2016, nn. 27497 e 27498, 22 marzo 2017, n. 7369, 27 giugno 2017, n. 16037, e 5 ottobre 2018 n. 24641).
Per i giudici di legittimità, è pur vero che, in coerenza con quanto stabilito dalle Sezioni Unite (16 novembre 2017, n. 27199) con riguardo agli articoli 342 e 434 c.p.c., è necessario che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante finalizzate a criticare e confutare le ragioni del primo giudice. Ciò non significa, tuttavia, che anche la mera riproposizione delle argomentazioni originariamente dedotte non assolva a tale requisito, posto che i motivi di appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto di appello contenga una esplicita motivazione che, letta anche alla luce delle conclusioni formulate, consenta di ritenere, in termini inequivoci, che le doglianze investano l’intero atto impugnato.