Tarsu e Tares, per l’esenzione prevista per i rifiuti speciali onere della prova in capo al contribuente
Con riferimento ai rifiuti speciali pericolosi e tossici e a quelli non assimilati, ai fini della Tarsu e della Tares, le relative norme (rispettivamente l’art. 62, comma 3, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e art. 14 della Legge 22 dicembre 2011, n. 214) dispongono l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali.
In tale contesto il Legislatore ha posto in capo al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti esclusivamente i rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, pur applicandosi anche in tale ambito il principio secondo il quale è onere dell’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria – vale a dire l’occupazione di aree nel territorio comunale – grava sul contribuente un onere di informazione, oltre all’obbligo di denuncia ex art. 70 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (in tal senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione 13 settembre 2017, n. 21250 e 4 aprile 2012, n. 5377). In altre parole:
- ai sensi del primo comma del richiamato art. 62 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la Tarsu (ma la stessa regola si applica anche con riferimento alla Tares) è dovuta per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie ad abitazione;
- il successivo terzo comma della norma – che prevede l’esclusione di quella parte di superficie in cui per struttura e destinazione si formano esclusivamente rifiuti speciali non assimilabili o non assimilati – non opera in via automatica in virtù della mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo il contribuente dedurre e provare i relativi presupposti (Cass. nn. 7647/2018 e 11135/2019).
Alle medesime conclusioni è approdata ora la quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 19 giugno 2019, n. 22231, depositata lo scorso 5 settembre.