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Le proposte del Cndcec sulla “nuova Imu”

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Piace ai commercialisti la proposta di legge (A.C. 1429) che accorpa la Tasi nell’Imu: l’hanno affermato ieri i rappresentanti del Consiglio nazionale nel corso di una audizione che si è tenuta presso la Commissione Finanze della Camera.

Al riguardo sono state anche avanzate alcune ipotesi di miglioramento dell’attuale testo, tra cui l’introduzione di nuovi criteri per i casi di “mancato utilizzo”, la ripartizione del carico fiscale tra utilizzatori e proprietari, le modalità di riscossione dell’imposta comunale, la deducibilità dell’Imu dalle imposte sui redditi.

La proposta di legge è un’occasione – hanno infatti sottolineato i commercialisti – non solo per razionalizzare la disciplina esistente, ma anche per intervenire con alcune importanti modifiche, tra cui:

  • la revisione della disciplina che prevede lo stesso carico fiscale IMU per un medesimo immobile utilizzato o non utilizzato, e che assoggetta a IRPEF, nella misura del 50%, il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, anche se assoggettati a IMU;
  • l’equa ripartizione del carico fiscale tra utilizzatori e proprietari degli immobili;
  • la previsione di una riduzione dell’imposta o del differimento del versamento per immobili situati nei Comuni che non abbiano ancora predisposto, dal 2021 in avanti, le procedure previste nella proposta di legge per rendere disponibili ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati;
  • il coordinamento della proposta di legge con le misure previste dal decreto “Crescita” in merito deducibilità dell’IMU dalle imposte sui redditi.

In merito a quest’ultimo aspetto, si ricorda che l’art. 3 del decreto “Crescita” (D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modifiche dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58) prevede l’incremento della deducibilità dell’Imu dovuta sui beni strumentali, dal reddito d’impresa e di lavoro autonomo.

Tale percentuale era già stata aumentata al 40 per cento dall’art. 1, comma 12, della legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145).

In particolare, attraverso la modifica dell’art. 14, comma 1 , del D.Lgs. 4 marzo 2011, n. 23, si prevedono le seguenti percentuali di deducibilità:

  • 50 per cento per il periodo d’imposta 2019;
  • 60 per cento dal 2020; 70 per cento dal 2022;
  • 100 per cento dal 2023.

Nei giorni scorsi, in merito alla citata proposta di legge era intervenuta anche Confedilizia, il cui presidente – Giorgio Spaziani Testa – aveva affermato che, in considerazione degli ultimi dati diffusi dall’Istat, “un Governo responsabile inizierebbe a smontare la patrimoniale sugli immobili da 21 miliardi di euro l’anno, anche per favorire una ripresa dei consumi e delle mille attività economiche collegate all’edilizia, con riflessi positivi sull’occupazione.

“Rispetto al 2010 – rilevava l’associazione dei proprietari di immobili – i prezzi delle abitazioni esistenti risultano in calo (…) del 23,7 per cento. La realtà, peraltro, è ancora peggiore: in molte zone d’Italia si registrano diminuzioni superiori e non si contano i casi di valori azzerati per effetto dell’assenza di compratori disposti ad acquistare”.

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