Irap, per l’associante indeducibili tutti gli utili spettanti all’associato in partecipazione
Tutti gli utili spettanti all’associato in partecipazione, quando il suo apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro, sono indeducibili ai fini dell’Irap dell’associante: lo ha confermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 25 febbraio 2019, n. 16265, depositata lo scorso 18 giugno. Tale conclusione si fonda sul disposto dell’art. 11, comma 1, lettera b), n. 5), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ai sensi del quale ai fini della base imponibile dell’Irap non sono ammessi in deduzione, tra l’altro, gli utili spettanti agli associati in partecipazione di cui all’art. 49, comma 2, lettera c), del Tuir.
Quest’ultima disposizione, a sua volta, fa rinvio all’art. 41, comma 1, lettera f), del Tuir. Per i giudici di legittimità, la circostanza che – per espressa previsione normativa – l’indeducibilità sia riferita esclusivamente agli “utili” spettanti agli associati in partecipazione, e non menzioni anche forme di remunerazione diverse, costituisce una “necessaria conseguenza della struttura della fattispecie legale astratta del contratto di associazione in partecipazione”, descritta dall’art. 2549 del codice civile.
La partecipazione agli utili, unica forma di remunerazione dell’associato espressamente prevista dal Legislatore, costituisce dunque uno degli elementi caratterizzanti l’associazione in partecipazione, unitamente alle altre concrete modalità di svolgimento del rapporto, per verificare l’effettiva sussistenza della fattispecie associativa, piuttosto che la ricorrenza sostanziale di un rapporto di subordinazione, caratterizzato dal pagamento di retribuzione a cadenze fisse (in tal senso si segnala la pronuncia della Suprema Corte 24 febbraio 2011, n. 4524).
Al riguardo, la Cassazione ha altresì sottolineato come la mera previsione negoziale di corresponsione all’associato, oltre che della partecipazione agli utili, anche di una quota fissa, non escluda di per sé sola la ricorrenza della causa del contratto di cui al citato art. 2549 c.c., nel quale trova pertanto titolo anche la prestazione dell’emolumento fisso versato allo stesso associato.