Perdite su crediti deducibili solo per la parte eccedente l’accantonamento dei rischi su crediti dedotti in precedenza
Le perdite su crediti, in relazione ai quali è stato calcolato l’importo deducibile, possono essere dedotte soltanto per la parte eccedente l’ammontare dell’accantonamento dei rischi su crediti dedotti nei precedenti esercizi: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza 15 marzo 2019, n. 9237, depositata lo scorso 3 aprile.
I giudici di legittimità, in particolare, sono approdati a tale conclusione sulla base dei seguenti elementi:
- il bilancio di esercizio delle società di capitali è il documento contabile fondamentale che la società è obbligata a redigere per dar conto dell’attività svolta nel relativo esercizio sociale;
- gli amministratori, nel redigere il bilancio, assumono la responsabilità della collocazione che prescelgono per le relative poste;
- i sindaci (o gli organi equipollenti) basano la loro valutazione del bilancio sull’appostazione degli importi nelle relative voci;
- i soci, nel valutare il bilancio ai fini della sua eventuale approvazione, attribuiscono senso legale alle appostazioni sulla base del contenuto generale delle relative voci da cui il bilancio è composto;
- i terzi esaminano il bilancio pubblicato, e ne traggono le connesse valutazioni, sulla base della presunzione legale di veridicità e chiarezza delle relative appostazioni, che si traduce in una presunzione assoluta di corrispondenza tra la disciplina giuridica assegnata alle cifre ivi iscritte e la corrispondente voce in cui figurano appostate.
Sulla base delle considerazioni che precedono, quindi, gli Ermellini hanno ribadito il principio secondo cui il bilancio corrisponde a un modello legale rigido e immodificabile.
L’elenco delle voci che caratterizzano il suo contenuto-forma corrisponde a precise norme di riferimento e a precisi standard di compilazione (quali ad esempio Oic e Iafrs).
Il redattore del bilancio che iscrive una cifra in una relativa voce deve sapere che, così facendo, attribuisce al dato immesso il regime giuridico proprio della voce medesima.
Eventuali esigenze particolari, o commenti specifici eventualmente utili a spiegare le ragioni della scelta, possono essere affidate alla Nota integrativa.
È in tale contesto – conclude la Suprema Corte – che vanno lettere le norme del Tuir.