Nei contratti a prestazione periodica la nota di variazione è esclusa per le operazioni adempiute
In caso di risoluzione (giudiziale o di diritto) dei contratti a prestazione periodica e continuativa, la facoltà di emettere nota di variazione non si estende alle operazioni già eseguite da entrambe le parti contraenti. L’art. 26, comma 9, del D.P.R. n. 633/1972, infatti, dispone che in caso di risoluzione contrattuale relativa a contratti ad esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento, la facoltà di emettere una nota di variazione non si estende alle cessioni e alle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.
Al riguardo, con il Principio di diritto 2 aprile 2019, n. 13, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che qualora il fornitore si avvalga della clausola risolutiva espressa prevista nel contratto per “supposto” mancato adempimento della controparte, che contesta l’addebito in sede giudiziale, gli effetti della clausola invocata risultano subordinati all’esito del giudizio.
Tra le ipotesi che ai sensi del richiamato art. 26, comma 2 , del decreto Iva danno luogo alla possibilità di emettere una nota di variazione, la norma indica anche il venir meno – in tutto o in parte – o la riduzione della base imponibile di un’operazione precedentemente fatturata, “in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili”. Con il termine “simili”, quindi, il Legislatore ha inteso prendere in considerazione – oltre alle cause di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione” – ragioni ulteriori in presenza delle quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile.
Con riferimento alla portata di tale disposizione l’Agenzia delle Entrate ha precisato che tra i casi “simili” è possibile ricondurre tutte quelle cause in grado di determinare una modificazione dell’assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell’atto originario, in particolare per ciò che attiene ai corrispettivi economici delle operazioni (Risposta all’istanza di interpello 19 marzo 2019, n. 77 ).