Non è tassativo l’elenco delle situazioni che danno diritto ad emettere note di variazione Iva
Tra le ipotesi che ai sensi dell’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 danno luogo alla possibilità di emettere una nota di variazione, la norma indica anche il venir meno – in tutto o in parte – o la riduzione della base imponibile di un’operazione precedentemente fatturata, “in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili”.
Con il termine “simili”, quindi, il Legislatore ha inteso prendere in considerazione – oltre alle cause di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione” – ragioni ulteriori in presenza delle quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile.
Ora, con riferimento alla portata di tale disposizione l’Agenzia delle Entrate ha precisato che tra i casi “simili” è possibile ricondurre tutte quelle cause in grado di determinare una modificazione dell’assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell’atto originario, in particolare per ciò che attiene ai corrispettivi economici delle operazioni (Risposta all’istanza di interpello 19 marzo 2019, n. 77).
L’elenco delle cause di cui al richiamato art. 26, comma 2, del decreto Iva, pertanto, non è tassativo: ciò che rileva è, da un lato, l’identità tra l’oggetto della fattura e la registrazione originaria e, dall’altro, l’oggetto della registrazione della variazione, in modo che sia palese la corrispondenza tra i due atti contabili (in tal senso si segnalano le pronunce della Corte di Cassazione 6 luglio 2011, n. 9188 e 6 luglio 2001, n. 9195, nonché la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 17 febbraio 2009, n. 42/E).