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Esercitabile la rivalsa nei confronti della “nuova” stabile organizzazione dell’Iva accertata

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Con il principio di diritto 18 marzo 2019, n. 10, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla rivalsa dell’Iva accertata nel caso in cui il cessionario non residente, successivamente al ricevimento della fattura da parte del cedente italiano abbia costituito una stabile organizzazione in Italia.

Nell’ipotesi descritta, in particolare:

  1. il cedente potrà esercitare il diritto di rivalsa (ex art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972) nei confronti della stabile organizzazione;
  2. quest’ultima, a sua volta, potrà esercitare il diritto alla detrazione entro il termine biennale di cui al richiamato art. 60.

Si ricorda che la nuova formulazione dell’art. 60, comma 7, del decreto Iva – in vigore dal 24 gennaio 2012 – prevede la possibilità da parte del cedente/prestatore di rivalersi sulla controparte della maggiore Iva accertata o rettificata.

La norma stabilisce che la rivalsa sarà possibile unicamente nel caso in cui vi sia stato, da parte del cedente/prestatore, il preventivo pagamento dell’imposta o della maggiore imposta accertata, delle sanzioni e degli interessi di legge. Il cessionario/committente potrà procedere alla detrazione dell’Iva addebitata, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il cedente/prestatore ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.

Di conseguenza:

a. il diritto della rivalsa IVA viene condizionato all’avvenuto pagamento dell’imposta accertata, delle sanzioni e degli interessi da essa dipendenti. Si fa presente che la norma torna applicabile solo nei casi in cui l’avviso di accertamento o rettifica contesta l’omessa o errata applicazione dell’IVA da parte del cedente/prestatore, come ad esempio:

  1. operazioni fuori campo IVA (articoli 2345 e 7, del D.P.R. n. 633/1972), che secondo l’Ufficio accertatore dovevano essere assoggettate da parte del contribuente ad Iva;
  2. operazioni non imponibili ad Iva (articoli 88-bis9 e 72, del D.P.R. n. 633/1972), che secondo l’Ufficio accertatore dovevano essere assoggettate da parte del contribuente ad Iva;
  3. operazioni esenti da Iva (art. 10 del D.P.R. n. 633/1972) che secondo l’Ufficio accertatore dovevano essere assoggettate da parte del contribuente ad Iva;
  4. operazioni per le quali il contribuente ha applicato un’imposta agevolata (10 o 4 per cento) anziché quella ordinaria (22 per cento);
  5. operazioni per le quali il contribuente ha fatturato un minor corrispettivo (con emersione di “nero”);

b. la detrazione della maggior Iva addebitata al cessionario/committente potrà essere effettuata da quest’ultimo, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il cedente/prestatore ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.

Ne consegue che se il cessionario/committente all’epoca dell’effettuazione dell’operazione non avesse per qualche motivo (inerenza, pro-rata, ecc.) avuto diritto a detrarre l’Iva, lo stesso non potrà esercitare tale diritto anche sulla maggiore Iva addebitata nella nota di variazione ricevuta dal cedente/prestatore che abbia subìto accertamento, anche se nel frattempo sono venute meno le cause di indetraiblità.

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