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Bancarotta fraudolenta, illegittimità delle pene accessorie con durata fissa decennale

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La previsione di cui all’art. 216, ultimo comma , della legge fallimentare secondo la quale alla condanna per uno dei fatti di bancarotta fraudolenta, conseguono obbligatoriamente, per la durata di dieci anni, le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa è costituzionalmente illegittima . Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 222 del 25 settembre 2018 , depositata il 5 dicembre 2018.

Secondo la Consulta – chiamata a dirimere la questione di legittimità costituzionale degli artt. 216, ultimo comma , e 223, ultimo comma , del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 sollevata dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione – “la durata fissa delle pene accessorie previste dall’art. 216, ultimo comma , della legge fallimentare non appare, in linea di principio, compatibile con i principi costituzionali in materia di pena, e segnatamente con i principi di proporzionalità e necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio”.

La norma in esame deve invece essere interpretata nel senso che la condanna per reati di bancarotta fraudolenta comporta l’applicazione delle pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa “fino a dieci anni” anziché “per la durata di dieci anni”.

“Tale soluzione – afferma la Corte – consentirà al giudice di determinare, con valutazione caso per caso e disgiunta da quella che presiede alla commisurazione della pena detentiva, la durata delle pene accessorie previste dalla disposizione censurata, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen.; durata che potrebbe dunque risultare, in concreto, maggiore di quella della pena detentiva contestualmente inflitta, purché entro il limite massimo di dieci anni. Ciò tenendo conto sia del diverso carico di afflittività, sia della diversa finalità, che caratterizzano le pene accessorie in parola rispetto alla pena detentiva: diverse afflittività e finalità che suggeriscono, nell’ottica di una piena attuazione dei principi costituzionali che presiedono alla commisurazione della pena, una determinazione giudiziale autonoma delle due tipologie di pena nel caso concreto”.

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