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All’esame della Camera le nuove regole sulle frodi Iva

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È all’esame dell’Aula di Montecitorio la legge di delegazione europea 2018 (disegno di legge n. 1201, contenente la delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea).

L’art. 3 del disegno di legge, in particolare, detta i principi e i criteri direttivi per l’attuazione della Direttiva Ue 5 luglio 2017, n. 2017/1371, il cui art. 2, paragrafo 2 specifica che il provvedimento è applicabile unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’Iva; in tale contesto, il concetto di “gravità” è definito sulla base del carattere transfrontaliero delle condotte illecite (“connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione”) e all’elevato ammontare del pregiudizio (“danno complessivo pari ad almeno 10 000 000 EUR”).

Si tenga presente al riguardo che il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 punisce violazioni anche per importi nettamente inferiori a quelli indicati dalla norma comunitaria.

L’art. 3 della direttiva, inoltre, indica quattro ipotesi di frode:

  1. uscite non relative agli appalti (lettera a);
  2. uscite relative agli appalti (lettera b);
  3. frodi relative a risorse diverse dall’Iva (lettera c);
  4. frodi inerenti all’Iva (lettera d).

Nell’ordinamento italiano, le prime tre ipotesi risultano “coperte” dagli articoli 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).

L’art. 4 della direttiva, infine, tratta dei reati di riciclaggio di denaro (paragrafo 1), corruzione attiva e corruzione passiva (paragrafo 2) ed appropriazione indebita da parte di funzionari pubblici (paragrafo 3).

Al riguardo si ricorda infine quanto segue:

  1. con la sentenza 31 maggio 2018, n. 115, la Corte Costituzionale dichiarò che, relativamente ai procedimenti penali in materia di frodi comunitarie, la cosiddetta “regola Taricco” è incostituzionale per contrasto con il principio di determinatezza in materia penale;con la sentenza “Taricco” dell’8 settembre 2015 (causa C-105/14) (st112015090800105), la Corte di Giustizia Ue sottolineava l’inadeguatezza dei termini prescrizionali previsti dalla normativa italiana con riferimento ai procedimenti relativi alle frodi Ue e alle frodi Iva; attraverso la sentenza resa nella causa C-42/17, depositata il 5 dicembre 2017, i medesimi giudici affermavano invece il principio secondo cui i requisiti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività in materia penale si applicano, nell’ordinamento giuridico italiano, anche al regime di prescrizione relativo ai reati in materia di Iva; con la sentenza 12 luglio 2017, n. 45751, la terza sezione penale della Corte di Cassazione (depositata il 5 ottobre 2017) aveva affermato che, a prescindere dalla questione dell’applicabilità dei principi sanciti dalla citata sentenza“Taricco”, questi sono comunque irrilevanti con riferimento alle condotte anteriori all’intervento della Corte di Giustizia. La sentenza richiamava anche le conclusioni alle quali era approdata la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 24/2017 (or012017012600024), depositata il 26 gennaio 2017. In tale occasione, infatti, i giudici delle leggi avevano sottolineato che “appare (…) proporzionato che l’Unione rispetti il più elevato livello di protezione accordato dalla Costituzione italiana agli imputati, visto che con ciò non viene sacrificato il primato del suo diritto”.
    La questione veniva rimessa nuovamente all’esame della Corte di Giustizia Ue, chiamata a chiarire se l’esigenza di disapplicazione fosse compatibile con una base legale sufficientemente determinata e quando la prescrizione, come in Italia, è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità. Sul punto, la Corte Costituzionale ricordava tra l’altro che:

    1. il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale: è perciò necessario che sia analiticamente descritto, come avviene per il reato e la sanzione, da una norma in vigore al tempo in cui il fatto è stato commesso;
    2. “Non è possibile che il diritto dell’Unione fissi un obiettivo di risultato al giudice penale e che in difetto di una normativa che predefinisca analiticamente casi e condizioni, quest’ultimo sia tenuto a raggiungerlo con qualunque mezzo rinvenuto nell’ordinamento”;
  2. con un comunicato stampa del 10 aprile 2018, la Corte Costituzionale ha precisato che “I giudici non sono tenuti ad applicare la ‘regola Taricco’ sul calcolo della prescrizione, stabilita dalla Corte di Giustizia Ue con la sentenza dell’8 settembre 2015 per i reati in materia di Iva”. Ne deriva – hanno spiegato i giudici della Consulta – che anche per questi reati “rimangono applicabili gli articoli 160, ultimo comma, e 161 del Codice penale”. La questione era stata sollevata dalla Corte di Appello di Milano e dalla Corte di Cassazione (ordinanze n. 339/2015 e n. 212/2016).

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