L’atto impugnato può essere prodotto anche successivamente al ricorso
In merito al disposto dell’art. 22 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità la sanzione processuale della inammissibilità del ricorso può essere disposta soltanto nel caso di mancato deposito degli atti e documenti espressamente previsti dal primo comma della norma citata.
Ne deriva che l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato possono essere prodotti anche in un momento successivo oppure su impulso della Commissione tributaria (in tal senso si richiamano le pronunce della Corte di Cassazione 12 ottobre 2016, n. 20612, 20 ottobre 2010, n. 21509, 24 febbraio 2010, n. 4431, 7 settembre 2007, n. 18872 e 12 dicembre 2013, n. 27837).
Tale conclusione si fonda sul principio per il quale in carenza di espliciti elementi testuali, le previsioni di inammissibilità devono essere interpretate in senso restrittivo (così, Corte di Cassazione, sez. V tributaria, ordinanza 2 luglio 2018 , depositata lo scorso 15 ottobre).
Si ricorda che ai sensi della norma citata:
- all’atto della costituzione in giudizio il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l’indicazione:
- delle parti;
- del difensore che si costituisce;
- dell’atto impugnato;
- della materia del contendere (comma 1, ultimo periodo);
- del valore della controversia;
- della data di notificazione del ricorso;
- l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente (comma 2).
Con la sentenza 21 novembre-6 dicembre 2002, n. 520, la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale dei commi 1 e 2 del richiamato art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992, “nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l’utilizzo del servizio postale”.