Impugnabile in Commissione tributaria il preavviso di fermo amministrativo
Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, riferito ad una pretesa creditoria dell’ente pubblico di natura tributaria, è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa.
Rispetto a quest’ultima sorge – ex art. 100 del codice di procedura civile – l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Per i giudici di legittimità, infatti, tale elenco dev’essere interpretato in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, sia in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la Legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il principio, espresso ad esempio dalle Sezioni Unite con le pronunce n. 10672/2009, n.11087/2010 e n. 26196/2011, è stato ora ribadito dalla quinta sezione tributaria con l’ordinanza 22 marzo 2018, n. 9516, depositata lo scorso 18 aprile.
Si ricorda che ai sensi del richiamato art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 sono impugnabili i seguenti atti:
- l’avviso di accertamento;
- l’avviso di liquidazione;
- il provvedimento di irrogazione di sanzioni;
- il ruolo e la cartella di pagamento;
- l’avviso di mora;
- l’iscrizione ipotecaria sugli immobili di cui all’art. 77 del citato D.P.R. n. 602/1973;
- il fermo di beni mobili registrati, di cui all’art. 86 del medesimo provvedimento;
- gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992;
- il rifiuto (espresso o tacito) della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
- il diniego o la revoca di agevolazioni;
- il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
- “ogni altro atto” per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni tributarie.