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Lending crowdfunding: requisiti dell’intermediario

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In materia di lending crowdfunding, assume rilievo la qualifica dell’intermediario, laddove quest’ultimo non riveste la qualifica di intermediario finanziario iscritto all’albo ai sensi dell’art. 106 del TUB e neanche quella di istituto di pagamento ai sensi dell’art. 114 del TUB, autorizzato dalla Banca d’Italia, non può applicare la ritenuta a titolo d’imposta al 26% prevista dal comma 44 dell’art. 1 della Legge n. 205/2017, Legge di Bilancio 2018 sugli interessi erogati attraverso la piattaforma on-line.

Nel caso di specie la società istante, iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese come PMI innovativa ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179

, opera in qualità di fornitore di servizi di crowdfunding tramite un’apposita piattaforma, in conformità con il regolamento UE 2020/1503 del 7 ottobre 2020.

Come da documentazione allegata all’istanza di interpello è stato precisato inoltre che “non sussistono rapporti contrattuali con terzi soggetti che gestiscono piattaforme di peer-to-peer lending iscritti all’albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 106 del TUB, né con istituti di pagamento autorizzati dalla Banca d’Italia”, per cui non vi è la presenza di alcun soggetto abilitato ad operare la ritenuta a titolo d’imposta di cui al citato comma 44.

Ne consegue che, nel caso di specie, non essendo l’Istante un soggetto iscritto all’albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 106 del TUB, né un istituto di pagamento autorizzato dalla Banca d’Italia e, dunque, non essendo rispettata la condizione prevista dall’art. 44, comma 1, lettera d-bis), del TUIR, non è possibile includere tali prestiti nei PIR alternativi.

Con riferimento invece agli strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società “Titolare di Progetto” le stesse possono rientrare tra gli investimenti qualificati da destinare ad un PIR Alternativo a condizione che non costituiscano strumenti finanziari partecipativi con diritti patrimoniali rafforzati emessi al fine di allineare gli interessi dei manager a quelli degli investitori.

Su tale ultimo aspetto si ricorda che l’art. 1, commi da 100 a 114, della Legge di Bilancio 2017 prevede un regime di non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti (c.d. “investimenti qualificati”) operati tramite piani di investimento del risparmio a lungo termine (c.d. “PIR”) effettuati nel rispetto di determinate caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento) (c.d. regime PIR).

In applicazione del comma 2-bis dell’art. 13-bis del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, introdotto dall’art. 136, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, a decorrere dal 19 maggio 2020 è possibile costituire i c.d. “PIR Alternativi”.

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