ISEE 2025: dati del biennio precedente senza BTP e libretti
Nei giorni scorsi è giunto alla Camera dei Deputati lo schema di D.P.C.M. che modifica il regolamento ISEE (D.P.C.M. 159/2013). Tra le principali novità, il provvedimento introduce una previsione (nuovo comma 4-bis dell’art. 5 del regolamento richiamato), finalizzata a rendere effettiva la disposizione prevista dalla Legge n. 213/2023, Legge di Bilancio 2024 in materia di “Esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’ISEE”.
La norma a oggi non è ancora operativa, in attesa dell’approvazione definitiva del nuovo Decreto Dopo il parere delle commissioni parlamentari, la nuova metodologia di calcolo dell’ISEE, entrerà in vigore con effetti dal 2025.
Si ricorda che rispetto all’ISEE 2025, nella DSU si riportano i redditi e il patrimonio relativi ai due anni precedenti dunque rilevati al 31 dicembre 2023. Il nucleo familiare indicato nella DSU è quello esistente al momento della sua presentazione.
Detto ciò, la novella normativa in parola è riconducibile al comma 183 della Legge n. 213/2023 in base al quale: “Nella determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) sono esclusi, fino al valore complessivo di 50.000 euro, i titoli di Stato di cui all’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, nonché i prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato”.
L’art. 3, fa in particolare riferimento ai prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine.
Come da relazione illustrativa della Legge di Bilancio 2024, tra i titoli a breve termine rientrano i Buoni ordinari del Tesoro (BOT) fino a 12 mesi con rendimento dato dallo scarto di emissione e i CTZ (Certificati del tesoro zero-coupon) di 24 mesi; i titoli a medio termine e lungo termine sono rappresentati dai Buoni del tesoro poliennali (BTP), che possono essere tenuti in portafoglio per un minimo di 4 fino ad un massimo di 30 anni, con cedola fissa o variabile, e che possono essere indicizzati all’inflazione. Altra tipologia di titoli di Stato a medio termine considerati (durata 7 anni) sono i Certificati di credito del Tesoro (CCT), con cedole variabili semestrali, legate al tasso interbancario di riferimento.
Per prodotti finanziari di raccolta di risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato si intende invece il risparmio postale, sotto forma di buoni postali fruttiferi e di libretti di risparmio postale.
Si ricorda che con il provvedimento del 28 ottobre scorso, provv. Prot. n. 398752/2024, l’Agenzia delle Entrate ha previsto che gli operatori finanziari – banche, Poste spa, intermediari finanziari, società di investimento e risparmio – sono tenuti a comunicare all’Anagrafe tributaria il controvalore dei titoli di Stato in possesso dei propri clienti.
Si tratta di una misura volta soprattutto a consentire all’Agenzia delle Entrate il controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella DSU.