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Per i forfettari il concordato ha ancora poche certezze

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Tante incognite e poche certezze: così parte (a fatica) il concordato preventivo biennale per i forfettari.

In attesa della pubblicazione del software che consentirà ai forfettari la quantificazione e l’eventuale adesione alla proposta del fisco, restano ancora da chiarire le conseguenze in caso di superamento della soglia sia degli 85 mila euro sia dei 100 mila euro, da definire l’applicabilità dell’Iva una volta splafonata la soglia dei 100mila euro e da circoscrivere platea dei soggetti a forfait che avranno effettivamente accesso al patto.

Unica certezza è che l’accordo con il fisco sarà valido in via sperimentale solo per l’anno 2024 ma non sono chiare le modalità con la quale verrà determinato il reddito proposto ai potenziali fruitori forfettari.

Effetti dello splafonamento

È noto che ai sensi dell’articolo 1 comma71 della legge 190/2014 (che disciplina il forfettario) il regime agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui il contribuente supera gli 85 mila euro di ricavi e compensi (incassati) e nell’anno stesso di applicazione qualora il forfettario superi la soglia dei 100 mila euro.

Come specificato ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo numero 13/2024 (che disciplina ed ha introdotto il concordato preventivo biennale) per i forfettari “gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori”.

Interpretando letteralmente la disposizione poc’anzi citata sembrerebbe che l’adesione al concordato preventivo biennale disinneschi (durante l’anno concordatario) le conseguenze derivanti dall’eventuale superamento delle soglie a 85 mila o 100mila euro di ricavi e compensi rilevando “fiscalmente” solo il reddito “patteggiato” con l’agenzia delle entrate.

L’applicazione dell’Iva dopo i 100mila euro

Il citato comma 71 specifica che il forfettario che nell’anno supera i 100mila euro di ricavi e compensi hanno l’obbligo di applicazione dell’Iva a partire dalle operazioni che superano tale limite.

Va ricordato che ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 13/2024 l’adesione al concordato non produce effetti a fini dell’imposta sul valore aggiunto, la cui applicazione avviene secondo le regole previste per i contribuenti che aderiscono al regime forfetario.

Quindi il paradossale effetto che di dovrebbe generare in caso di superamento dei 100mila euro in fase di concordato preventivo è che tale valore assumerebbe rilevanza ai fini Iva ma non ai fini delle imposte diretta valendo invece il reddito “patteggiato”.

La platea degli esclusi

Il correttivo approvato dal Governo al decreto legislativo 13/2024 , ma non ancora definitivo, ha previsto nuove cause di esclusioni tra cui una che interessa i soggetti che utilizzano il forfettario.

All’articolo 11 comma 1 del dlgs 13/2024 infatti dovrebbe essere innestata la nuova lettera b-ter secondo cui non possono applicare il concordato i soggetti che nel primo anno del patto aderiscono al regime agevolato.

Appare quindi chiaro che ad oggi non è assolutamente definita la platea dei forfettari che potranno aderire alla proposta dell’agenzia delle entrate.

Il reddito proposto

I forfettari, non indicando al fisco dati particolari se non quelli su alcune spese sostenute da esporre nel quadro RS, avranno di fatto una proposta reddituale costruita anch’essa a forfait, ancora tutta da rilevare, e che dovrebbe partire da moltiplicatori abbinanti ai codici ateco con una rivalutazione da Pil.

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