Vendita immobili con superbonus: plusvalenza non imponibile se la casa è stata ereditata
Nel tentativo di arginare l’impatto per i conti pubblici derivanti dal superbonus al 110%, la legge di bilancio 2024, all’art. 1, comma 64, mette in campo nuove misure per evitare che, in caso di successiva rivendita dell’immobile ristrutturato, si possa sfruttare l’agevolazione in modo speculativo. La misura trova però una deroga nel caso in cui l’immobile sia pervenuto a titolo di eredità al cedente.
La norma, come noto, prevede che “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che si siano conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione, esclusi gli immobili acquisiti per successione…”.
L’esonero, pertanto, è chiaramente previsto direttamente dalla normativa. I dubbi riguardano, se mai, l’estensione dello stesso. Secondo parte della dottrina, infatti, l’esclusione dovrebbe riferirsi solo al caso in cui l’intervento superbonus sia stato eseguito dal de-cuius e non dall’erede dopo l’intervenuta successione.
La ratio è quella di valutare la sostanza di un comportamento speculativo tenuto dall’erede, che renderebbe imponibile l’operazione nel caso in cui procedesse ad ammodernare il fabbricato con la maxi detrazione prima di rivenderlo a terzi.
Tale interpretazione, a ben vedere, non convince del tutto. Infatti, non solo la norma non reca alcuna condizione per l’esclusione degli immobili ereditati, ma operativamente sarebbe impossibile gestire tutte quelle situazioni “ibride” di lavori iniziati dal de cuius e meramente conclusi dall’erede (che si troverebbe vincolato nella prosecuzione degli stessi).
In tale contesto, l’unica soluzione percorribile è quella di ritenere l’esonero totale, unica interpretazione in linea con il dettato normativo.