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IVA: errata applicazione dell’inversione contabile, possibile recupero per chi l’ha erroneamente versata

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Con la risposta a istanza di interpello n. 20 del 26 gennaio 2024 , l’Amministrazione affronta il tema del recupero dell’IVA erroneamente versata nell’ambito di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile. Al riguardo, l’istante riferisce di aver affidato a una società i lavori di ristrutturazione, ampliamento e realizzazione di nuovi spazi all’interno dei propri edifici, effettuati nel corso degli anni 2015, 2016 e 2017; che nei confronti del prestatore e per le annualità suddette, a seguito di verifiche fiscali, sono stati emessi PVCcon i quali i verificatori hanno riscontrato come numerose prestazioni fossero state erroneamente fatturate in regime di inversione contabile nei confronti dell’istante, e di altri soggetti non riconducibili all’istante, ex art. 17, comma 6, lettera a-­ter), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in luogo dell’assoggettamento ad IVA secondo le regole ordinarie, ai sensi dell’art. 21 del decreto IVA.

È stata irrogata la sola sanzione di cui all’art. 6, comma 9-­bis2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, senza recupero dell’IVA, mentre, con riferimento ai lavori di fornitura e posa in opera e agli oneri di discarica e consulenze tecniche, è stata recuperata anche l’IVA dovuta ai sensi dell’art. 21 del decreto IVA. Il prestatore ha provveduto a versare l’IVA a debito accertata; nel corso delle annualità oggetto di accertamento, ha integrato le fatture ricevute dal prestatore con l’IVA a debito, in applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ai sensi dell’art. 17, comma 6, lettera a-­ter), del decreto IVA, annotandole sia nel registro acquisti, sia nel registro IVA vendite; l’IVA relativa alle operazioni contestate è stata quasi completamente versata all’Erario.

Ciò posto, l’istante chiede come recuperare l’IVA che le sarà addebitata dal prestatore a titolo di rivalsa ai sensi dell’art. 60, ultimo comma, del decreto IVAe che la medesima ha già versato quasi completamente all’Erario.

L’agenzia richiama l’art. 60, ultimo comma, del decreto IVA, finalizzato a ripristinare la neutralità dell’IVA in caso di accertamento o rettifica dell’imposta, e sottolinea come tale norma stabilisca che il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi, soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione. Ciò consente al contribuente, che ha subito un accertamento ai fini IVA, di riaddebitare a titolo di rivalsa al cessionario/ committente la maggiore imposta accertata e versata.

Una volta effettuato il pagamento dell’IVA addebitata in via di rivalsa dal prestatore ­tramite emissione di una fattura, ex art. 26, comma 1, del decreto IVA, per ciascun periodo d’imposta oggetto di accertamento, nella quale richiamare ogni fattura oggetto di integrazione, l’istante potrà esercitare il diritto alla detrazione della medesima alle condizioni esistenti al momento di effettuazione delle originarie operazioni, ossia applicando all’IVA addebitata in rivalsa il pro­rata di indetraibilità relativo a ciascun periodo d’imposta oggetto di accertamento (2015, 2016, 2017), e non anche la percentuale applicabile nel periodo d’imposta di corresponsione dell’IVA di rivalsa.

Non è nemmeno consentito recuperare in detrazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale, quanto già versato a seguito dell’errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ­poi riaddebitato in rivalsa dal prestatore ­in deroga alle disposizioni che limitano il diritto a detrazione in presenza di un pro­rata di indetraibilità.

Al fine di garantire la neutralità dell’IVA, tuttavia, detto importo potrà essere chiesto a rimborso, ai sensi dell’art. 30-­ter, comma 1, del decreto IVA, secondo cui il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Il presupposto per la restituzione deve essere individuato nel momento in cui si è perfezionata la definizione degli avvisi di accertamento da parte del prestatore, da cui consegue un versamento dell’IVA non dovuto in capo all’istante. Qualora la parte di IVA indetraibile versata con riferimento alla fattura originaria sia stata considerata onere deducibile ai fini delle imposte dirette, l’IVA oggetto di rimborso costituirà una sopravvenienza attiva.

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