Trattamento fiscale delle indennità aggiuntive di fine servizio
Le indennità aggiuntive erogate a fine servizio da un fondo previdenza ai dipendenti, vanno assoggettate a tassazione separata, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), del TUIR e sono imponibili, ai sensi dell’art. 19, comma 2-bis, del TUIR, per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell’ulteriore riduzione prevista dall’ultimo periodo della disposizione, in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti.
Il comma 1 dell’art. 17 del TUIR individua i redditi che, in considerazione della loro tendenziale formazione pluriennale, sono assoggettati al regime di tassazione separata. In particolare, il comma 1, dispone che l’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:
- trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c. e indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, compresi quelli contemplati alle lettere a), d) e g) del comma 1 dell’art. 50, anche nelle ipotesi di cui all’art. 2122 c.c.;
- altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l’indennità di preavviso;
- le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza ai sensi dell’art. 2125 c.c.;
- nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Gli uffici provvedono a riliquidare l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti.
Le altre indennità e somme indicate alla lett. a) del comma 1 dell’art. 17, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l’aliquota determinata come detto.
Tali indennità e somme, se corrisposte a titolo definitivo e in relazione ad un presupposto non connesso alla cessazione del rapporto di lavoro che ha generato il trattamento di fine rapporto, sono imponibili per il loro ammontare netto con l’aliquota determinata con il calcolo anzidetto.
Le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente di cui alla lett. a), del comma 1, dell’art. 17, sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; per i periodi inferiori all’anno la riduzione è rapportata a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta. L’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare netto, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per 12.
L’ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di previdenza.
Al riguardo, si evidenzia che, con diversi documenti di prassi, l’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in merito alle prestazioni erogate al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Tenuto conto, però, che l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di legittimità, si pone in contrasto con la prassi dell’Amministrazione finanziaria, la DRE ha formulato la Risposta all’Interpello n. 425/2023 avanzando una richiesta di parere all’Avvocatura Generale dello Stato che, con nota prot. n. 168969/2023, ha in primo luogo ricordato che l’Ente, oltre a corrispondere in favore dei propri iscritti prestazioni assistenziali (sovvenzioni per malattia, anticipazioni, ecc.), eroga in favore dei medesimi, quando cessano di far parte dell’Amministrazione per qualsiasi causa (ovvero in favore degli aventi diritto, se gli iscritti sono deceduti durante il servizio), un’indennità, ragguagliata agli anni di servizio civile di ruolo e non di ruolo prestato, ivi compresi i periodi di assenza valutabili ai fini della pensione, in base a quanto previsto dagli artt. 4 e 6 del regolamento.
La natura giuridica dell’Ente in questione è di “fondo di previdenza”, alimentato in massima parte da premi di produttività o incentivi all’attività d’istituto (l’art. 2 del D.P.R. n. 1034/1984 fa riferimento ai proventi dei beni confiscati, delle sanzioni pecuniarie, alle percentuali delle vincite del gioco del lotto, oltre ad altre indennità perequative pensionabili, utili anche ai fini dell’indennità di buonuscita).
L’Avvocatura rileva che sulla base delle ultime pronunce della Suprema Corte (ordinanze 10 settembre 2020, n. 18715, 15 novembre 2021, n. 34231, 10 settembre 2020, n. 18715, 17 gennaio 2020, n. 917) la posizione consolidata della Corte di Cassazione può sintetizzarsi nelle seguenti affermazioni: “l’indennità erogata al dipendente, all’atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza (…) ha funzione previdenziale ed è assimilabile all’indennità equipollente di cui al D.P.R. n. 917/1986, art. 17, comma 1, rappresentando una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo la composizione del fondo costituito in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell’istituto (cfr. sez. V, n. 19859 del 2016 e n. 25396 del 2017, richiamate da n. 5330 del 2019); va applicata la tassazione (separata) prevista dal T.U.I.R. art. 17 escludendosi che trattasi di contributi diretti a carico del dipendente e da questi interamente versati al fondo previdenziale, ed esclusi, tout court, dalla tassazione”.
Ai fini della determinazione della base imponibile, l’Avvocatura Generale dello Stato conclude che “il fondo ha natura composita, ma non riviene direttamente da contributi versati dai lavoratori, e dunque non va applicato il criterio di riduzione del calcolo dell’imponibile previsto dall’art. 19, comma 2-bis, ultimo periodo, del T.U.I.R., (stante, per l’appunto, l’assenza di quote contributive a carico del dipendente) mentre va riconosciuta la deduzione forfettaria di cui al primo periodo del citatoart. 19, comma 2-bis del T.U.I.R. Pertanto, l’Ufficio ha ritenuto che l’indennità erogata dall’Ente ai dipendenti al momento della cessazione dal servizio debba essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), del T.U.I.R. e sia imponibile, ai sensi dell’articolo 19, comma 2-bis, del T.U.I.R., per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell’ulteriore riduzione prevista dall’ultimo periodo della citata disposizione in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti”.