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Cessione dei crediti: il punto sulla responsabilità per i terzi

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Sebbene la neo introdotta possibilità di rateizzare i crediti d’imposta non ancora utilizzati del Superbonus in dieci annualità, in luogo delle originarie quattro o cinque rate, abbia sensibilmente contribuito a rinvigorire il mercato delle cessioni, il più grande ostacolo allo strumento resta quello della responsabilità del terzo.

Come noto, laddove in sede di verifica gli uffici accertino l’assenza dei requisiti richiesti dalle agevolazioni edilizie o la mancata effettuazione degli interventi, si procede con il recupero della detrazione indebitamente fruita in capo al soggetto beneficiario dell’agevolazione, maggiorato dei relativi interessi e delle sanzioni.

In caso di opzione per lo sconto in fattura o cessione del credito, fornitori e soggetti cessionari rispondono però solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto allo sconto praticato o al credito ricevuto.

Operativamente, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo, l’Agenzia delle Entrate procede in base a criteri selettivi alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione negli ordinari termini di accertamento pari a:

  • 5 anni dalla dichiarazione per i crediti non spettanti;
  • 8 anni dalla data di utilizzo del credito se il credito è inesistente.

Come detto, l’attività di recupero opera normalmente nei confronti del soggetto beneficiario della detrazione. C’è però un’eccezione nel caso in cui si realizzai il concorso nella violazione (art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997).

Allo scopo di limitare i profili di responsabilità di banche o altri intermediari finanziari nell’ambito del c.d. Decreto “Aiuti bis” è stata inserita la previsione per cui il “concorso nella violazione”, che fa scattare i profili di responsabilità solidale del fornitore o del cessionario è solo quello attuato “con dolo o colpa grave”.

Tali concetti, secondo quanto chiarito con la circolare 33/E/2022, devono essere riferiti alla normativa amministrativa avendo a riferimento quanto previsto dal D.Lgs. n. 472/1997, nonché i chiarimenti contenuti nella circolare n. 180/1998. Nel dettaglio, quindi, il dolo presuppone che l’evento dannoso sia preveduto e voluto, con pregiudizio intenzionale di determinazione dell’imponibile o dell’imposta.

Mentre la colpa grave si configura in ipotesi di presenza di indiscutibile imperizia o negligenza per le quali risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari ovvero, riguardo al possibile errore di diritto, quando non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata.

Per i soggetti obbligati agli obblighi antiriciclaggio il concorso in violazione sussiste qualora si proceda all’acquisizione del credito in presenza dei presupposti di cui agli artt. 35 e 42 del D.Lgs. n. 231/2007, in violazione dell’art. 122-bis del Decreto “Rilancio”. Ciò si verifica quando il credito è acquistato nonostante:

  • l’operazione sia soggetta all’obbligo di segnalazione in quanto sospetta (art. 35 D.Lgs. n. 231/2007);
  • il cessionario avrebbe dovuto astenersi dall’operazione (art. 42 D.Lgs. n. 231/2007).

Vale la pena di ricordare, infine, che lo scudo della “responsabilità limitata” si rende applicabile ai soli crediti “generati” nei cassetti fiscali con gli obblighi di acquisizione dei visti di conformità, delle asseverazioni e attestazioni introdotti con il Decreto “Antifrodi” (D.L. 11 novembre 2021, n. 157). Per i crediti sorti in precedenza, invece, il confinamento della responsabilità solidale ai casi di concorso nella violazione con dolo o colpa grave opera soltanto se il cedente, soggetto diverso da banche o altri soggetti “vigilati”, acquisisce ora per allora la documentazione di cui all’art. 121, comma 1-ter, del D.L. n. 34/2020 (visti fiscali di conformità e delle attestazioni tecniche di congruità delle spese).

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