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IVA esportazioni indirette e regolarizzazione della fattura: come recuperare imposta

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Con la Risposta a interpello n. 32/E del 13 gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate fornisce interessanti chiarimenti in tema di servizi di recupero dell’IVA versata a seguito di regolarizzazione della fattura. A tal fine potrà procedersi con emissione di nota di variazione oppure procedere con la richiesta di rimborso.

Con riferimento alle esportazioni “indirette” è opinione della Corte di Giustizia della UE che ai sensi dell’art. 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente, o per conto del medesimo, fuori dall’Unione (sentenza 19 dicembre 2013, procedimento C-563/12).

Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’art. 14, paragrafo 1, di detta direttiva, ai sensi del quale si considera “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Da tali disposizioni e, segnatamente, dal termine “spediti”, contenuto nell’art. 146, paragrafo 1, lettera b), deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione.

L’orientamento in parola, dunque, impone agli Stati membri di assicurare il rimborso dell’IVA assolta, nell’ipotesi in cui venga fornita la prova dell’“avvenuta esportazione”, ancorché “tardiva”, pur riconoscendo alla normativa interna la possibilità introdurre condizioni ragionevoli finalizzate a prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso.

A livello nazionale tale posizione risulta recepita con la risoluzione n. 98/E del 2014 la quale al riguardo precisa che la non imponibilità si applica nel caso in cui il bene sia esportato entro 90 giorni ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine di 30 giorni previsto per la regolarizzazione.

Nel caso in cui sia acquisita la prova la non imponibilità si applica anche superato il termine sopra riportato (90 giorni).

In una tale circostanza, al contribuente intenzionato a recuperare l’imposta versata si profilano due alternative:

  • la nota di variazione IVA, sulla base dell’art. 26, comma 2, del Decreto “IVA”;
  • la richiesta di rimborso.

La prima deve essere emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l’esportazione. Mentre ove si opti per il rimborso è possibile richiederlo entro il termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto per tale rimborso.

Le indicazioni fornite con la risoluzione n. 98/E del 2014 devono però essere attualizzate alla luce dei successivi interventi normativi e dei relativi chiarimenti (cfr. circolare n. 1/E/2018). Per quanto concerne le modalità di recupero dell’imposta versata in sede di regolarizzazione, l’Agenzia ritiene quindi che il contribuente possa procedere all’emissione di una nota di variazione, in base all’art. 26, comma 2, del Decreto “IVA”, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui si intende realizzato il presupposto.

A tal fine si devono considerare due requisiti:

  • il presupposto “sostanziale” dell’avvenuta effettuazione dell’operazione;
  • il presupposto “formale” del possesso di una valida fattura d’acquisto.

Per l’effetto, il dies a quo per l’emissione della nota di variazione decorrerà dalla data di emissione della nota di debito. Laddove, invece, l’emissione della nota di variazione in diminuzione non sia più consentita, perché la prova dell’avvenuta esportazione è stata acquisita oltre il termine entro cui la stessa poteva essere emessa, non configurandosi una “colpevole” inerzia, resta la possibilità di azionare la richiesta di rimborso.

Non è invece possibile procedere, infine, alla diretta annotazione in rettifica sui registi IVA, come previsto dall’art. 26, comma 8, del D.P.R. n. 633/1972, in luogo dell’emissione della nota di variazione in diminuzione, poiché la procedura è “incompatibile” con la necessità di “tracciare” con un documento, ai fini del successivo controllo, la variazione.

Risposta n. 32_2023

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