Disciplina dei buoni corrispettivo inapplicabile agli utility token la cui natura cambia dopo l’emissione
La disciplina dei buoni corrispettivo non risulta applicabile a quegli utility token la cui natura cambia dopo l’emissione per diventare – soprattutto in caso di inutilizzo – una moneta virtuale o uno strumento d’investimento, suscettibile di essere negoziato su un mercato secondario in cambio di un profitto (c.d. hybrid token): lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risposta all’istanza di interpello 12 ottobre 2022, n. 507 , in aderenza con quanto indicato dalla Commissione Ue in due documenti di lavoro, rispettivamente il Working Paper n. 983 del 13 novembre 2019 e il Working Paper n. 993 del 21 febbraio 2020, nei quali vengono espresse perplessità sulla possibilità di ricondurre sempre gli utility token nell’ambito della disciplina dei voucher.
Nell’occasione, la Commissione aveva inoltre sottolineato che non è possibile stabilire a priori quando un utility token potrebbe qualificarsi come criptovaluta piuttosto che come strumento di investimento o titolo.
La capacità di un utility token di trasformarsi dopo l’emissione farebbe venir meno la possibilità di riscontrare per tale strumento le condizioni previste per i voucher, in quanto:
- in determinate situazioni opera come criptovaluta, nel qual caso potrebbe piuttosto essere considerato un servizio di pagamento;
- non sono sufficientemente dettagliati i beni e/o i servizi cui darebbe diritto, o l’identità dei potenziali fornitori che partecipano alla filiera;
- il suo scopo è suscettibile di modifica e quindi la funzione dello strumento non è ben definita al momento della sua emissione.