Fatturazioni per operazioni inesistenti: quando opera solo la sanzione amministrativa
Ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D.L. n. 16/2012, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi, applicandosi in tal caso solo una sanzione amministrativa.
Con riferimento alle operazioni oggettivamente inesistenti grava sul contribuente l’onere di provare la fittizietà di componenti positivi che, ai sensi del richiamato art. 8, comma 2, del D.L. n. 16/2012, se direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (Cass. nn. 7896/2016, 22430/2014, 25967/2013).
Tali principi sono stati ora ribaditi dalla sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 28 settembre 2022, n. 28311 .
Si ricorda che in presenza di un rilievo in merito a fatturazioni per operazioni soggettivamente inesistenti, dev’essere esclusa la buona fede del contribuente che intenda portare in detrazione l’IVA sull’acquisto, qualora, a fronte della palese inidoneità delle società fornitrici a svolgere attività commerciale per assenza di strutture, non abbia compiuto gli opportuni controlli sull’affidabilità di queste ultime, tenuto conto del numero degli intermediari e della rilevanza delle somme in contestazione (Cass. 24 agosto 2022, n. 25316).
Per i giudici di legittimità, infatti, nella situazione prospettata è venuta meno la diligenza professionale richiesta a un operatore commerciale esperto.