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Accessi in azienda, il termine massimo di permanenza è “ordinatorio”

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Ai sensi dell’art. 12, comma 5, primo periodo, dello Statuto del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212), la permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine, che però devono essere individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dalla norma citata, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, in quanto nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta è giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati (Cass. 27 gennaio 2017, n. 205515 aprile 2015, n. 75845 ottobre 2012, n. 17002). Tale principio è stato ora ribadito dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 24 febbraio 2022, n. 6779, depositata lo scorso 1° marzo.

Si consideri inoltre che per gli Ermellini:

  1. tale termine “è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, nè la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ‘ratio’ delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione” (Cass. 27 aprile 2017, n. 10481, e 5 ottobre 2012, n. 17002; in senso analogo si sono espresse Cass. 27 giugno 2011, n. 14020, e 22 settembre 2011, n. 19338);
  2. le garanzie relative alla “permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria” presso attività commerciali o professionali riguardano le verifiche eseguite da “organi di controllo” in genere. Ne deriva che la norma si applica anche alle attività di accertamento effettuate dagli enti locali. Al riguardo, con l’ordinanza 28 marzo 2019, n. 8654, la Suprema Corte affermò che il principio richiamato vale per “identità di ratio, anche per le società a cui gli enti impositori affidino, in concessione, compiti di accertamento e riscossione delle imposte, ivi inclusi i compiti strumentali di rilevazione di dati necessari alla determinazione della base imponibile”.

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