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Regime impatriati anche per chi è in “smart working” per una società estera

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Può usufruire del regime speciale previsto per gli impatriati il cittadino italiano che, trasferitosi all’estero nel 2013 ed iscritto dal 2019 all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), dal 1° maggio 2021 intende trasferirsi in Italia con il nucleo familiare per continuare a svolgere l’attività lavorativa alle dipendenze di un’azienda estera in modalità smart working: lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risposta all’istanza di interpello 16 settembre 2021, n. 596. In tal caso, il citato regime agevolativo è applicabile ai redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2021, nel quale è stata trasferita la residenza fiscale in Italia, e per i successivi quattro periodi d’imposta.

Al riguardo si ricorda che:

  1. con la Circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, Parte II, paragrafo 3.1, l’Agenzia ha chiarito che, in linea generale, “il beneficio non compete ai soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero ed avere acquisito la residenza estera per il periodo di permanenza richiesto dalla norma. Ciò in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”;
  2. tuttavia, come chiarito dalla successiva Risoluzione 5 ottobre 2018, n. 76/E, la predetta posizione restrittiva, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non preclude la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa, come nelle ipotesi in cui:
    1. il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
    2. il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia;
  3. nel caso esaminato, il distacco all’estero e stato prorogato per tre volte e ha comportato un trasferimento, con iscrizione all’Aire, per un periodo complessivo di più di 4 anni; inoltre, dopo il termine del periodo di distacco, il lavoratore ha continuato a lavorare all’estero sotto forma di trasferta per poi rientrare in Italia. L’Agenzia ha considerato che, in questo caso, il lavoro sotto forma di trasferta può essere valutato come una ulteriore circostanza comprovante il radicamento del dipendente nel territorio estero. Pertanto, il soggetto che ha continuato a prestare lavoro all’estero sotto forma di trasferta, può beneficiare del regime agevolativo, in quanto l’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015, individua, quale presupposto per godere del regime agevolativo il solo trasferimento della residenza, oltre all’impegno di risiedere in Italia per almeno due anni.

Risposta all’interpello n. 596 del 16 settembre 2021

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